L’11° Rapporto BCC Mediocrati sull’economia in provincia di Cosenza che in questo momento è in corso di presentazione racchiude tutta una serie di dati utili a tracciare l’identikit dell’imprenditore medio cosentino ma anche qual è la direzione che le imprese stanno prendendo.
La maggior parte degli imprenditori possiede un livello di istruzione medio-alto. Ben 9 soggetti attivi su 10 non fanno parte di alcuna rete di impresa. Significativa la fetta dei giovani capi d’azienda che alimenta il proprio know-how. Ancora poco significativo l’impiego del world wide web e degli strumenti social per fare impresa. È quanto emerge dal consueto rapporto annuale BCC Mediocrati – Demoskopika sull’andamento dell’economia locale.
Giovane, preferibilmente laureato, con una buona conoscenza del settore di attività, predisposto al rischio, decisionista, creativo e consapevole dell’importanza della formazione sua e del personale per “stare” sul mercato. è questo l’identikit dell’imprenditore che comincia a segnare il passo del mercato economico locale per uscire dalla crisi, che cerca di fare breccia su un’offerta imprenditoriale attualmente ancorata a strategie tradizionali e poco predisposta ad aggregarsi: scarsa conoscenza delle lingue, insignificanti investimenti in ricerca e sviluppo, poca voglia di innovare e di fare rete, utilizzo ancora insufficiente di internet e dei canali social per penetrare nuovi mercati. Sul versante del clima di fiducia, migliora il sentiment degli imprenditori per il prossimo anno. è il quadro che emerge dal consueto rapporto annuale sull’economia locale realizzato dall’Istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati.
«Molte indagini sul fenomeno imprenditoriale – dichiara il presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino – hanno evidenziato come il livello di istruzione e formazione degli imprenditori rappresenti una variabile rilevante, con effetti significativi sui risultati conseguiti dalle imprese stesse in termini di probabilità di sopravvivenza, crescita del fatturato, dell’occupazione, profittabilità, propensione all’innovazione e valorizzazione del capitale umano. Ciò ovviamente – precisa Nicola Paldino – non significa che per essere oggi un buon imprenditore sia necessario avere una laurea o un diploma, ma che, a parità di esperienza un imprenditore laureato o diplomato raggiunge migliori risultati di uno con un basso livello di istruzione. In questo scenario l’innalzamento del livello della formazione di tipo formale di chi fa impresa è dunque di per sé un obiettivo auspicabile. Ancora più importante è che a ciò si aggiunga una maggiore attenzione per la formazione imprenditoriale, a tutti i livelli di istruzione, – conclude Nicola Paldino – al fine di potenziare sia le attitudini che le competenze legate all’imprenditorialità».
«L’importanza di puntare su un capitale umano di livello, – commenta il direttore dell’Istituto Demoskopika, Nino Floro – muove dalla consapevolezza che un bagaglio di conoscenze inadeguato produce effetti distorsivi, intrappolando in un circuito vizioso i soggetti le cui decisioni hanno un peso elevato nel governare e orientare i processi di allocazione delle risorse aziendali. I potenziali effetti distorsivi e il costo di decisioni inadeguate aumentano, infatti, con la quantità di risorse governate dal decisore. Ridotti livelli di qualificazione di chi ha responsabilità di governo dell’impresa – conclude Nino Floro – si traducono, inevitabilmente, in un basso profilo della domanda di capitale umano e di conoscenza, che a sua volta genera ridotti rendimenti dell’istruzione e, quindi, minori incentivi ad investire nello stesso capitale umano».
Leggi anche:
La fiducia del “sistema Cosenza”: migliorano le aspettative
Comunicazione: una impresa su due non ha ancora un sito
Investimenti in R&S: Calabria fanalino di coda
L’identikit di chi imprende: temerario, decisionista e creativo