di Grazia Candido – Smantellato un monopolio di fatto sul territorio costruito da imprese “mafiose” che hanno inquinato il libero mercato impedendo agli imprenditori sprovvisti di sponsor mafiosi, di competere in condizioni di parità. L’operazione “Monopoli”, eseguita dai Carabinieri su disposizione della Dda di Reggio Calabria, che ha portato al fermo di quattro imprenditori reggini e al sequestro di beni per 50 milioni di euro, mette in evidenza “come noti uomini d’affari nel settore dell’edilizia e dell’immobiliare fossero in rapporto con le cosche fin dagli anni ‘80”.
A metterlo subito in chiaro è il Procuratore della Repubblica Vicario Calogero Gaetano Paci tracciando il “percorso criminale di Michele Surace e Andrea Giordano, un percorso che affonda durante la guerra di mafia”.
“Costoro hanno avuto un enorme sviluppo imprenditoriale grazie al rapporto con la famiglia De Stefano e il gruppo Tegano di Archi e, nel corso degli anni, hanno cercato di approdare anche fuori la Calabria, precisamente a Milano per aprire un Bingo a Cernusco sul Naviglio con l’aiuto dei Martino – continua il procuratore – L’avvio delle investigazioni è costituito dalle concordanti dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia Giovanni Battista Fracapane, Mario Gennaro ed Enrico De Rosa, dichiarazioni decisive per tracciare i profili dei due soggetti Surace e Giordano affiliati ai Tegano di Archi. Surace e Giordano sono una diade inscindibile e hanno avuto radicamento nel settore edilizia e nella realizzazione dell’unica sala Bingo in città. La straordinaria indagine dei Carabinieri ha permesso di penetrare nella struttura del Bingo e i fotogrammi registrati, evidenziano come la ‘ndrangheta riesca a gestire ingenti somme, tant’è che il duo Surace-Giordano si recava a riscuotere le somme di denaro degli incassi e delle vincite. Ma anche il continuo passaggio di denaro fra gli imprenditori e gli uomini del clan”.
L’esecuzione di provvedimento di fermo è stata emessa nei confronti di Carmelo Ficara, titolare dell’omonima impresa di costruzioni, Michele e Giuseppe Surace, padre e figlio titolari della sala Bingo nel quartiere Archi e del socio Francesco Andrea Giordano.
Il Procuratore della Repubblica Paci mette anche in evidenza come gli imprenditori reggini, accusati a vario titolo di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni e autoriciclaggio, “avessero tentato di aprire altre attività fuori la Calabria e la gestione del Bingo è stata possibile grazie ad un’opera di dissuasione di concorrenti che avrebbero voluto aprire sul territorio reggino altri esercizi ma il Bingo di Archi doveva rimanere unico monopolista sul territorio. Anche in questo caso, non abbiamo avuto nessuno che ha denunciato – continua il Procuratore – Su questo versante c’è molto da fare ancora e incentiviamo gli operatori economici a denunciare”.
Dalle indagini inoltre, risulta un quadro ben dettagliato in cui “Carmelo Ficara che ha edificato intere zone di Reggio Calabria, è il protagonista di un repentino sviluppo economico che si consolida per il rapporto con i De Stefano – aggiunge Paci – e ha continuato a svolgere questa attività senza aver alcuna concorrenza. Nonostante, i soggetti operassero cercando di schermare le varie attività puntando a portarle fuori dal territorio calabrese, Surace, in un’intercettazione, disse che la Magistratura aveva fatto il colpo di Stato intendendo che nulla sfugge più alla lente della giustizia. Da qui, il trasferimento di alcuni proventi su conti svizzeri”.
Il Tenente Colonnello Stefano Romano si sofferma sul “regime di monopolio del Bingo che era diventato un vero e proprio bancomat aperto sia per Giordano che per i Surace. Parliamo di 10-12 milioni di fatturato l’anno. Alle liquidità della sala Bingo, sono collegate attività di riciclaggio dei due imprenditori. Inoltre, questa sala si avvale completamente del potere di intimidazione dei Tegano e tutti sapevano che non potevano aprire altri Bingo sul territorio”.
Alla luce delle complessive risultanze investigative è stato disposto il sequestro preventivo di 16 società il cui patrimonio ammonta a 50 milioni di euro e parte del patrimonio di Carmelo Ficara, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, consistente 120 unità immobiliari e 21 terreni.
“I Carabinieri hanno svolto un’attività minuziosa e complessa svelando la capacità di questi imprenditori di simulare proventi – aggiunge il Colonnello Giuseppe Battaglia – La nostra priorità è di accertare la loro attività e il tipo di condizionamento mafioso che operano in città. Sono soggetti che, grazie alla contiguità mafiosa, hanno ingenti profitti e attività autonome”.
Il maggiore Marco Vatore, in conclusione, ribadisce la “straordinaria gamma di sfumature tra il fenomeno mafioso e l’imprenditoria che si alimentano e rafforzano vicendevolmente in un connubio di formidabile capacità intrusiva nel tessuto sociale ed economico”.